Icone e maestri italiani del design

Viaggio tra alcuni dei protagonisti della storia del design italiano

 

Esistono icone dell’interior design intramontabili, che sono entrate nelle nostre case, negli hotel, e negli ambienti di lavoro rendendoli più preziosi, anche quando linee e forme erano talmente minimali da sembrare quasi scontate. E invece sono sopravvissute al tempo, allo stile che cambia, ai materiali che si rinnovano. Tutto questo perché hanno rappresentato la storia del design, espressioni di correnti e movimenti architettonici ed artistici che hanno lasciato una traccia tangibile, dal punto di vista estetico, ma anche da quello socio-culturale.

In Italia, il termine “design” ha fatto la sua comparsa nel lessico comune alla fine del 1800. Solo negli anni ‘60 del 1900 questa industria ha cominciato a fiorire, grazie a personalità di spicco che hanno portato l’estro e la qualità della produzione made in Italy in tutto il mondo. I maestri italiani che hanno solcato l’architettura e l’interior design nel secolo scorso, hanno cambiato irreversibilmente la storia del design lasciando arredi e complementi senza tempo, dalle forme e dai materiali sempre attuali, anche se spesso si sono evoluti insieme a noi, rimanendo però sempre fedeli alle origini.

 

Achille Castiglioni: il design al servizio del funzionalismo

“Se non sei curioso lascia stare”. Era il motto di Achille Castiglioni, architetto e designer classe 1944 e fratello minore degli architetti Livio e Pier Giacomo. Figlio del razionalismo, Castiglioni pensava che ogni concetto progettuale dovesse essere legato a una funzione, in quanto per lui il design era la risoluzione del problema, ed esso deve essere condotto da elementi essenziali. Per tutta la sua carriera ha sostenuto la teoria secondo cui “ci deve essere ironia, sia nel design che negli oggetti”.

Castiglioni ha ideato e realizzato una serie di icone del design. Tra le più famose e durature c’è Arco, una lampada, progettata per Flos, che nasconde una piccola grande curiosità. E’ stato il primo oggetto di disegno industriale a cui venne riconosciuta la tutela del diritto d’autore al pari di un’opera d’arte.

Quando lo creò, il designer Arco si ispirò all’illuminazione stradale, dove le lampade sospese sono in grado di illuminare ogni angolo della città. Arco, infatti, rappresenta la libertà di movimento abbinata a quella di creare nuovi giochi di luce ed ombre all’interno del proprio ambiente. Con il rigore delle sue linee e l’attenzione nella combinazione dei materiali, è un prodotto ibrido, con vocazione alla sospensione.

E’ la lampada che ha stabilito nuove regole nell’interazione tra tavolo e apparecchio illuminante, svincolandolo dalla posizione fissa al soffitto. Un vantaggio che diventa praticità: potendo essere collocata praticamente ovunque, arriva direttamente con il punto luce sul luogo desiderato.

Alta 2 metri e 5 centimetri, Arco, ha come base un parallelepipedo in marmo di Carrara bianco di 65 chili di peso, con angoli smussati. Il foro nel baricentro sostiene uno stelo arcuato, costituito da tre elementi telescopici in acciaio inox, che regolano l’ampiezza del braccio e l’altezza della fonte luminosa. Il cappello, a forma di cupola, è una calotta forata, su cui poggia un anello di alluminio dalla posizione regolabile. In questo modo è possibile cambiarne la posizione, a seconda dell’altezza del terzo settore dell’arco.

 

Vico Magistretti e il suo design sinuoso e visionario

“Design è anche guardare gli oggetti di tutti i giorni con occhio curioso”. Parola di Vico Magistretti, che ne ha fatto un mantra durante tutta la sua carriera. Nato nel 1920 e scomparso nel 2006, si è laureato al Politecnico di Milano nel 1945 ed è stato architetto, arredatore e designer industriale, lavorando con aziende come Artemide, Cassina, De Padova, Flou, Fritz Hansen, Kartell e Schiffini.

Esponente anche lui, come Castiglioni, del razionalismo, aggiunge un plus: per la prima volta, la creazione di oggetti di uso quotidiano viene fatta da architetti.

L’idea di semplicità e il suo stile brillante e innovativo hanno creato forme sinuose ma essenziali, materiali funzionali e resistenti. Per Magistretti un buon concept di design è in primis la risposta a un problema tecnico che deve essere risolto. Un’esigenza la sua che si è riflessa in un approccio progettuale molto pratico, frutto del dialogo continuo con i produttori.

Esempio ne è il fatto che non abbia mai elaborato un disegno dettagliato della lampada da tavolo Eclisse, un’icona del design dalla storia singolare e leggendaria, a partire dalla sua ideazione. Tutto ha inizio nel 1963, sulla metropolitana di Milano. Leggendo I miserabili di Victor Hugo, Magistretti inizia a pensare alla lanterna di Jean Valjean descritta nel romanzo. Un attimo dopo nella sua testa la lanterna semi-cieca di un ladro si trasforma in una lampada da tavolo. Per non perdere l’improvviso guizzo creativo, prende il biglietto della metropolitana e butta giù uno schizzo sul retro.

Il concetto progettuale prevede tre semisfere: due fisse – la base e la calotta esterna – e una calotta interna mobile.  Da qui l’idea di aggiungere la metafora del fenomeno astronomico: simboleggiando il sistema Sole – Terra – Luna, le tre semisfere simulano ciò che avviene durante le eclissi di Luna, quando il cono d’ombra terrestre investe in maniera totale o parziale il globo lunare.  Allo stesso modo, la calotta interna ruota coprendo totalmente o in parte l’emissione luminosa della lampadina.

L’utente è libero di graduare il fascio di luce per ottenere un’illuminazione soffusa e schermata oppure diffusa e omogenea: anche questa è una piccola rivoluzione. Oltre alla creazione è curiosa anche la storia della produzione. Non essendoci nessun disegno dettagliato, pare che il concept di questa lampada iconica sia stato raccontato al telefono e capito dal produttore.

 

Ettore Sottsass, forme e colori eclettici per un design senza tempo

Colore, forme insolite e materiali economici. Ettore Sottsass, architetto e designer classe 1917, diplomato al Politecnico di Torino, durante la sua carriera, davvero polivalente, ha progettato mobili, gioielli, vetro, illuminazione, oggetti per la casa e design di macchine per ufficio, oltre che molti edifici e interni.

Tra le varie collaborazioni, ha lavorato per Knoll, Esprit, Olivetti, Alessi, Brondi, Poltronova e Fiorucci. Noto come fondatore della corrente Memphis, il collettivo di designer che si era posto l’obiettivo di contrastare i principi del design razionalista, Sottsass ha voluto ridefinire l’idea stessa di stile attraverso colori audaci, forme insolite e materiali economici.

Nella sua filosofia, c’era sempre il desiderio di esplorare più in profondità, sotto la superficie degli oggetti da lui progettati e sosteneva che tutti dovrebbero trovare un proprio modo, originale ed unico, di fare le cose. Tra le sue opere più significative ci sono il sofa Califfo, il comò cubirolo e pezzi dalla serie mobili grigi per Poltronova, oltre a oggetti più rari come la sedia tappeto volante, dove è rappresentata l’apparente leggerezza con cui unisce la cultura pop e la spiritualità dell’era hippie. Oggetti come la sedia seggiolina da pranzo per Alchimia e altri pezzi Memphis testimoniano del suo linguaggio formale unico.

 

Alessandro Mendini, tra postmodernismo e re-design

“Tratto gli oggetti come fossero esseri umani, li faccio sorridere”.  Una personalità poliedrica, piena di sfumature, le stesse che proiettava sulle sue opere. Alessandro Mendini, fu una figura di spicco nel mondo dell’interior. Durante la sua carriera è stato editore di Casabella e Domus, creando allo stesso tempo opere di grafica, arredamento, interni, pittura e architettura.

Tra i principali brand con cui ha collaborato, Alessi, Swatch, Kartell, a citarne solamente alcuni. Soprattutto è stato un membro attivo del movimento radicale italiano anti-design. I suoi riferimenti estetici, da postmodernista come si definiva, trovavano ispirazione in una grandissima varietà di ambiti, dalla letteratura all’arte. Aveva un approccio progettuale definito come “re-design”, ad indicare la volontà di dare un nuovo significato o prospettiva agli oggetti di uso quotidiano.

L’attività di Mendini ha segnato l’architettura, il design e più in generale la cultura contemporanea sia con la sua attività teorica sia con quella progettuale. Tra i suoi pezzi più famosi c’è la poltrona Proust, perfetto esempio di quello che definiva “re-design”, cioè la prassi di intervenire con decorazioni su oggetti trovati e su celebri icone del design. La Proust è dal 1978 un oggetto che, pur nelle sue numerose varianti (nata come pezzo unico è passata poi alla limited edition, ma anche alla realizzazione industriale), è e rimarrà saldamente nell’empireo dei cult. 

 

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